Smart working e diritto alla disconnessione

Mai come prima, il periodo di pandemia ha messo in evidenza la necessità di innovare le regole di un mercato del lavoro in profonda evoluzione.

Con l’emanazione del nuovo dpcm nella notte tra il 12 ed il 13 ottobre 2020, il Governo ha confermato la raccomandazione verso l’attuazione delle attività professionali mediante modalità di lavoro agile, da casa o in modalità a distanza.

IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE

In questo quadro, si inserisce il “diritto alla disconnessione”, secondo il quale il lavoratore che utilizza dispositivi tecnologici per rendere la prestazione in un luogo diverso dalle mura aziendali, deve essere protetto dalla possibilità di essere perennemente reperibile.

Lo smart working non nasce nel periodo di pandemia da Covid -19. Infatti, è stato introdotto nel 2017 dalla legge n. 81.

Riguardo alla libertà di disattivare le strumentazioni tecnologiche, la legge citata prevede all’art. 19 che l’accordo con il lavoratore debba individuare i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie ad assicurare la sua disconnessione.

Già a partire dagli ultimi anni, alcune aziende hanno garantito questo diritto applicandolo per esclusione: al di fuori della fascia orario in cui il lavoratore deve essere reperibile egli può disconnettere gli strumenti utilizzati per rendere la prestazione.

UN ESEMPIO DI DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE NEL CCNL

Ancora, allo scopo di rendere una disciplina uniforme nazionale, alcuni contratti collettivi hanno sancito e regolato il diritto in questione.

Un esempio è il CCNL per Quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali che, rinnovato nel 2019, dispone all’art. 11:

“la prestazione lavorativa in modalità agile si effettua entro i limiti di durata dell’orario giornaliero e settimanale previsti dal CCNL, nel rispetto delle regole in materia di pause e riposo di massima in correlazione temporale con l’orario normale applicabile alla struttura di appartenenza e fermo quanto previsto in tema di disconnessione”

IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE DURANTE LA PANDEMIA…

Nei mesi di emergenza sanitaria, complice l’attivazione delle forme di lavoro agile su iniziativa del solo datore, si sono aperti nuovi fronti da presidiare. Lo scopo è quello di non vanificare o perdere la finalità primaria dello smart working tradizionale.

Infatti, sebbene l’attivazione del lavoro da remoto nella fase pandemica risponda all’esigenza di arginare la diffusione del virus, questo non significa che non debba essere preservata la distinzione tra gli spazi di vita privata ed attività lavorativa.  

…E L’INTERVENTO DEL GARANTE PRIVACY ITALIANO.

Situazione, questa, che ha richiesto l’intervento del Garante privacy italiano. Quest’ultimo ha infatti sottolineato la necessità di tutelare in modo più netto il diritto alla disconnessione.

Il ricorso alle tecnologie non può, quindi, avvenire senza garantire il rispetto dei principi sanciti dallo Statuto dei lavoratori. Tanto meno accettando comportamenti invasivi della sfera privata dei singoli.

Per giungere ad una soluzione che soddisfi il corretto funzionamento dell’apparato aziendale, gli strumenti che abbiamo sono il contratto aziendale ed i contratti collettivi nazionali.

Ciò che si auspica e che tali strumenti vengano impiegati al più presto in sostituzione dell’attuale ricorso allo smart working per volontà unilaterale.
Con l’ausilio di professionisti esperti si può porre rimedio a tutte le problematiche emerse. Anche il diritto alla disconnessione deve essere regolamentato prevedendo i momenti di riposo nonché le distinzioni tra lavoro diurno e notturno, tra giorni feriali e festivi e sui mezzi da impiegare.

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