Covid-19 e lavoro: la parola al Garante Privacy

Nel nostro recente articolo “La gestione della privacy dei lavoratori al tempo del Coronavirus” abbiamo sottolineato come la diffusione dell’emergenza sanitaria abbia causato dei profondi cambiamenti alle nostre abitudini quotidiane comprese quelle lavorative.


DOVE ERAVAMO RIMASTI?
Nel suddetto articolo abbiamo posto la nostra attenzione sulla gestione della privacy del personale delle aziende che non hanno potuto

  • attivare lo smart working;
  • disporre della cassa integrazione.

In queste aziende infatti i datori di lavoro, per cercare di attuare il contenuto delle decretazioni d’urgenza, avevano dato inizio a delle raccolte autogestite delle temperature corporee dei propri dipendenti al fine di garantire la salute e la sicurezza di tutto il personale.

Tuttavia, questa scelta era stata criticata dai sindacati perché ritenuta in violazione con il diritto alla privacy, con l’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori e con il DPCM del 1° marzo 2020 che attribuisce tale competenza solo al personale della sanità pubblica.
Sulla questione si era poi pronunciato il Garante Privacy con un provvedimento datato 2 marzo 2020 con cui è stato sottolineato che “i datori di lavoro devono […] astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa (…) resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro” lasciandoci tuttavia in attesa di un nuovo e più completo intervento.


LA PAROLA AL GARANTE PRIVACY
Come promesso il Garante Privacy è recentemente intervenuto sul tema pubblicando un documento riepilogativo intitolato “FAQ – Trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria”  in cui sono indicate nuove e più complete linee guida sulle condotte da tenere.

Sottolineando che la temperatura corporea è un dato personale sensibile che deve essere trattato conformemente alle disposizioni in materia di privacy, è stabilito che il datore di lavoro possa:

  • rilevare la temperatura corporea del personale dipendente per l’accesso ai locali e alle sedi aziendali. Può farlo anche con gli utenti, i visitatori e i fornitori nel momento in cui per essi non sia stato disposto un percorso di accesso separato;
  • chiedere un’autodichiarazione ai propri dipendenti in cui attestino di provenire o meno da un’area di rischio al fine di valutare l’accesso o meno alla sede di lavoro;
  • comunicare i nominativi del personale contagiato alle autorità sanitarie competenti e collaborare con esse per l’individuazione dei “contatti stretti”;
  • fornire alle istituzioni competenti e alle autorità sanitarie le informazioni necessarie affinchè le stesse possano svolgere le funzioni loro affidate dalla decretazione d’urgenza.

 

al contrario, il datore di lavoro non può:

  • Registrare i valori della temperatura dei propri dipendenti tranne nel caso in cui essi risultino superiori ai 37,5°;
  • Chiedere che nell’autodichiarazione siano inserite informazioni aggiuntive in merito alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata;
  • Comunicare i nominativi del personale contagiato al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza in quanto quest’ultimo svolge compiti consultivi, di verifica e di coordinamento;
  • Rendere nota l’identità del dipendente affetto da Covid-19 agli altri lavoratori.

Con un successivo chiarimento è stato specificato che il divieto di registrazione della temperatura corporea permane nei confronti di soggetti esterni quali utenti, visitatori e fornitori anche qualora essa risulti superiore ai 37,5° in quanto è ritenuto sufficiente l’allontanamento dall’azienda.


IL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE

Infine, al medico competente, anche nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, rimane vietato informare il datore di lavoro circa i problemi di salute dei propri pazienti-lavoratori.

Tra gli adempimenti relativi alla c.d. sorveglianza sanitaria rientrano:

  • la possibilità di sottoporre i lavoratori a visite straordinarie purché esse siano effettuate nel rispetto dei principi di protezione dei dati personali e rispettando le misure igieniche indicate dal Ministero della Salute;
  • la segnalazione al datore di lavoro della presenza in azienda di soggetti con uno stato di salute fragile al fine di adibirli ad impieghi che li espongano meno al rischio di infezione.

Quanto vi abbiamo appena descritto può apparire controverso, difficile e dispendioso sotto ogni aspetto, per questo riteniamo che un consiglio professionale, in un periodo come questo, sia opportuno per organizzare al meglio la propria attività, garantire la riservatezza dei dati personali sensibili ed evitare di incorrere in pesanti sanzioni.

 

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